1927 –2007
OTTANT'ANNI DALL'ISTITUZIONE DELL'ASILO INFANTILE di GIUSEPPINA PIZZIGONI

 Convegno per gli Ottanta anni della Rinnovata 5-6 ottobre 2007
di
Sara Bertuzzi

La mia presenza a questo convegno è legata a due motivi: il primo esprimere la mia gratitudine nei confronti di G .P. e della Scuola Rinnovata dove ho imparato moltissimo, il secondo per portare una testimonianza.

Debbo fare una premessa: fui assunta come assistente al doposcuola nelle Scuole Materne del Comune di Milano nel 1948 e successivamente con incarico annuale. Accumulai in quegli anni perplessità e disappunto per il modo di condurre il lavoro educativo che vedevo mettere in atto un po' dovunque. Mi appariva riduttivo, banalizzante e soprattutto, non rispettoso del bambino.

Mi avvicinai al pensiero della Montessori e mi affascinò; ma quando, nel 1954, frequentai il Corso Pizzigoni ebbi una "vera folgorazione".

Finalmente conoscevo un Metodo in cui il rispetto e la valorizzazione del bambino, la libertà, la spontaneità, la creatività, l'apprendimento attraverso l'esperienza a contatto con il mondo naturale, erano i cardini del lavoro educativo. Occorreva approfondirlo, ripensarlo, attualizzarlo e questo fu il mio impegno quando nel 1956 fui assegnata alla Sc. Mat. della Rinnovata. Lo fu maggiormente quando dal '68 al 1986 divenni dirigente della Sc. Mat. di via Don Gnocchi e, dal '70 anche della Scuola Speciale di via Capecelatro inserita all'interno della Fondazione Pro Juventute Don Gnocchi. Tra le due scuole fu condotto un gemellaggio, come risulta dai documenti di lavoro qui esposti. Fu un'esperienza non facile, ma altamente formativa per tutti.

Il pensiero di Giuseppina Pizzigoni richiede lungo tempo, lunga costanza e molta fede, umiltà e amore per essere assimilato fino in fondo. Deve essere conquistato perché possa connaturarsi con il nostro atteggiamento di educatori, un pensiero guida, consigliere e giudice di ogni azione,al quale riferirsi anche nel valutare e accogliere,  meno, le proposte innovative e, soprattutto, le" mode dei tempi". Ho avuto la fortuna d'incontrare alla Rinnovata il direttore Emilio Bernasconi, uomo di grande intuito pedagogico e di grande ascendente che esercitava al fine di mantenere il clima di entusiasmo e di costante rinnovamento che caratterizzava la scuola. Ritengo una fortuna anche l'aver conosciuto il signor Arturo Mamieri responsabile dell'azienda agricola (la cosiddetta Agraria), esperto agronomo e fedele interprete degli insegnamenti di G. P.

Nelle scuole Don Gnocchi e Capecelatro ho avuto la fortuna d'incontrare due gruppi di educatrici disponibili, motivate, creative. Assieme abbiamo cercato di approfondire e applicare, meglio, vivere, i principi della Pizzigoni cercando nel contempo di seguire l'evoluzione dei tempi senza perdere mai di vista i principi stessi. Questo anche grazie all'aiuto dell'equipe neuro...psicologica di via Capecelatro e delle psicologhe (Scuola dei genitori, C.I.E. , S.I.M.E.E.) che si sono awicendate nella scuola di vja Don Gnocchi. Ringrazio tutti vivamente e, in particolare Marina Salvadori per avermi aiutata nell'allestimento della documentazione storica qui presentata con grande professionaljtà, intelligenza,senso estetico e, voglio dire, con vera passione.

Ci riferì la signora Gasparro, che era stata sua collaboratrice e l'aveva sostituita alla direzione della scuola Rinnovata quando lasciò l'incarico, che la P. aveva voluto il padiglione predispostc per il Nido e l'Asilo al centro, cioè ccnel cuore" (disse proprio così) della scuola. Infatti, durante gli anni trascorsi alla Rinnovata, provai spesso questa bella sensazione.

In quegli anni circolava nelle nostre scuole un libro intitolato "Ciò che è vivo e ciò che è morto" di Frobel (fondatore del Giardino d'infanzia nel 1840).

Mi è venuto alla mente in questi giorni e ho pensato: se questa domanda ce la ponessimo oggi per la Pizzigoni che cosa potremmo rispondere?

E' opportuno, a questo scopo, rileggere e riflettere su alcune indicazioni contenute nel suo libretto" IL MIO ASILO" del 1929 e nel capitolo XIXO del libro " Le mie lezioni ai maestri d'Italia" del 1931.

"Per quali principi dunque io trovai necessario dar vita al mio Asilo Infantile? (XIX lez.)

Il mio Asilo sorto per rispondere a una necessità sociale, vuole rispettare nel bambino quanto egli ha di più sacro: la sua libertà, la sua ingenuità, il suo formarsi secondo le leggi biologiche immutabili. Il mio Asilo è la preparazione dell'essere nell'età della sua crescenza secondo verità e secondo natura come è per altre classi della Rinnovata" (da: Il mio Asilo Infantile)

Nella XIX lezione la Pizzigoni dirà:

"…  Concetto fondamentale: rispettare il bambino nella sua personalità e sviluppare secondo natura che è quanto dire secondo verità." ­

Ancora da " Il mio Asilo ":

" Il mio Asilo cura che il bambino viva da bambino veramente, non da bambino prodigio e neppure da bambino tipo risultato di una costruzione ideologica qualsiasi, cura che cresca sano e buono con i segni dell'osservatore, del lavoratore, dell'italiano, del cristiano. Niente preoccupazioni riguardo a un qualsiasi insegnamento, invece molta cura perché il bambino prenda abitudini d'igiene, bontà, socievolezza, molta cura perché impari a parlare la nostra lingua senza lezioni vere e proprie, ma attraverso l'esperienza delle cose e del loro valore intrinseco e relativo perché i sensi vengano esercitati quotidianamente non con mezzi così detti scientifici, ma con l'uso delle cose stesse e con le relazioni volute, anche qui dall'esperienza personale.

Il lavoro del bambino è il gioco lo si sa e il bambino deve giocare liberamente." Dobbiamo ripensare i termini RISPETTO e RISPETTARE. Dobbiamo assumerli come il fondamento, la base del nostro rapporto con il bambino in tutte le situazioni della giornata scolastica. E' un ripensamento che induce nell'educatore autoanalisi, alimenta sentimenti di umiltà nel riconoscere mancanze, limiti ed errori.

Il rispetto del bambino deve essere totale e assoluto (anche se è difficile) perché è il segreto che sostanzia la nostra relazione con lui.     (...) Avremo così il coraggio di modificare gli atteggiamenti e  comportamenti che abbiamo visto mettere in atto nella maggioranza delle scuole,  interrompendo certi schemi giudizi morali negativi assoluti (es: cattivo - e di conseguenza -castigo).

La P. scrive:

“.. pochissimi premi, pochissimi castighi..." e siano sempre la conseguenza del comportamento avuto (come dice Ferrière -la sanzione naturale-)".

La prima cosa che dissi all'educatrici in via Don Gnocchi fu "Non fatemi mai sentire le parole cattivo e castigo". Un grande pediatra di allora, il dottor Swarz, aveva messo nel suo studio un cartello sul quale era scritto: “MAMME NON ESISTONO BAMBINI CATTIVI”­.

Si tratta di relativizzare, contestualizzare usando termini aderenti all'azione, ad esempio: "sei stato sgarbato" e aggiungendo "ma io so che sai essere anche gentile". E' un modo più appropriato che non coinvolge tutta la persona. L'autostima del bambino non è altro che il riflesso di quella che gli trasmette l'adulto e la fiducia di base deriva al bambino da quella che l'adulto gli manifesta.

Per ottenere la disciplina si usava a quei tempi una modalità molto coercitiva: -BAMBINI MANI IN ALTO- e c'era l'abitudine di imporre posture coartanti -Bambini mani conserte; dietro; nascoste- per evitare che disturbassero i compagni. Non riuscii mai ad adeguarmi. Dicevo semplicemente: "Le mani dove volete purché non disturbino". Queste modalità tradiscono una scarsa, forse inconsapevole sfiducia nel bambino e la presunzione di essere noi adulti gli unici capaci di educarli.

Il direttore Bernasconi diceva "Il bambino si educa con noi e nonostante noi - e soggiungeva­ - ma la natura è forte". Il lavoro del bambino va accolto, accettato sempre e comunque (al limite possiamo dirgli l'Io so che tu sai fare meglio"). Quindi rispetto e valorizzazione del suo lavoro; mai stracciare, distruggere o disfare senza il suo consenso.

Anche le parole libertà e liberamente vanno approfondite. La P. dice ancora" Soltanto dove è libero il bambino si manifesta". Quindi le attività di gioco (lei dice -inizio ad un serio lavoro-) siano liberamente scelte, il disegno sia sempre l'espressione del libero pensiero e del non suggestionato gusto del bambino, niente modelli, niente albi di coloritura (raramente belli esteticamente -soltanto il segno artistico educa- dice).

Perciò atteggiamento rassicurante, stimolante, mai intrusivo dell'educatrice. Non è facile.

Si tratta di acquisire una sorta di disponibilità mentale ed emotiva che ci consenta di metterci in ogni situazione dalla parte del bambino, dei suoi interessi, dei suoi bisogni e imparare a non aver fretta a " saper aspettare, stimolando" dice la P.

Dice ancora che "L'ambiente scolastico è il mondo" e soggiunge " Prepareremo per chi deve apprendere un ambiente ricco di motivi diversi e suggestivi per l'interesse e la gioia che possono destare nel bambino".

Procurare gioia al bambino mi sembra sia stato uno dei motivi ispiratori della sua opera.

Dirà ancora: "Educata con fine cura l'intelligenza, è nostro dovere di educatori educare il senso estetico dei bambini, così da procurar loro per la vita una fonte purissima di gioia". E anche per questo volle la "scuola bella". 'La mia preoccupazione non si arrestò già alla bellezza degli ambienti, ma si fermò sul diritto del bambino alla gioia: e siccome la gioia viene all'uomo da ogni forma di bellezza, così sentii il diritto del bambino a una vera e propria educazione estetica."

Possiamo rendere la scuola bella tenendo sempre presente anzitutto gli aspetti basilari che la P. cita: ordine e armonia. Difficilmente troveremo un ambiente esterno come quello della Rinnovata, ma possiamo sempre migliorare l'esistente. In via Don Gnocchi riuscii ad ottenere il permesso di mettere a dimora degli altri cespugli e degli alberi da frutto che avendo tempi di fioritura e fruttificazione diversi consentivano una maggior ricchezza di osservazioni e di esperienze da parte del bambino.

PICCOLE NOTE: (dettate dall'esperienza e dalla conoscenza)

  • avvertire prima della fine del tempo stabilito per il gioco o lavoro, per evitare che il bambino sia interrotto bruscamente
  • descrivere il percorso che si farà, quando si esce, senza anticipare ciò che si vedrà
  • non colpevolizzare il bambino (es.: mi farai ammalare)
  • non buttare i giocattoli rotti. Cercare di ripararli o farli riparare (è sotteso il significato simbolico dell'unire) consentire di portare a scuola giocattoli o altre cose (spesso veri e propri oggetti transizionali).

A volte il bambino vorrà tenerli con sé tutta la giornata. Ricordo un bambino che soltanto dopo due anni si decise a metterlo nel cesto dei giocattoli appositamente predisposto. Il disegno alla lavagna eseguito dalla educatrice, le figure e i ritagli appiccicati ai vetri fecero inquietare molto la Pizzigoni (ci riferì la sig .ra Parmigiani).

Disse: " le lavagne sono per i bambini, dobbiamo rispettare la funzione d'uso delle cose, cioè i vetri servono per far passare la luce e per vedere oltre".

Quale metodo propone e Quale programma?

" Sul fatto di bandire ogni artificio fui draconiana" (1931)

" L'educatrice non deve mai "fare lezione" "(1931).

"Tutto il programma non esige lezioni vere e proprie; sarà invece il contenuto di un apprendimento spontaneo attraverso il metodo dell'esperienza personale".

Da - Il mio asilo - "Il mio programma non può essere diviso per mesi; esso addita il genere delle occupazioni e il modo e il limite in cui tali occupazioni si devono svolgere, va interpretato senza rigorismi ..." (1929)

Riguardo al programma sono avvenuti nel tempo molti mutamenti. Si è passati dal diario-cronaca, al programma mensile con relazione finale, alla programmazione collettiva della scuola suddivisa per aree. Anche qui si tratta di tracciare linee indicative allineate alle nuove conoscenze psicopedagogiche evitando l'eccesso di prescrittività, ponendo attenzione ai livelli.

Il   modello   organizzativo

" Il mio asilo è per chi, per diverse ragioni, non potrebbe essere ben vigilato dalla madre" perciò viene organizzato sul modello famigliare. Le sezioni sono miste per età e sesso e sono poco numerose. (massimo 20 bambini)", "... il bambino vive in libertà pur adattandosi via via alle necessità impostegli dalla libertà degli altri che vivono con lui."

"Le mie lezioni" sono una miniera di riflessioni e indicazioni alle quali si può attingere per ravvivare in noi lo spirito della Rinnovata. All'inizio del capitolo "L'educazione intellettuale" si legge: "... ho detto a sazietà che il vero, il buono, il bello, formano, nella loro fusione costante, il contenuto dell'educazione, cioè i valori universali dai quali non dobbiamo discostarci mai".

“ ... E mai dobbiamo soffocare la naturale curiosità del bambino anzi, dobbiamo alimentarla per procurargli la gioia della scoperta perché sappiamo che la curiosità è alla base della conoscenza scientifica. Facendo un raffronto con gli "Orientamenti dell'attività educativa" del 1969 centrati sul rispetto della spontaneità del bambino, la P. ci sembrò precorritrice. Anche negli Orientamenti del 1991 si possono individuare molte concordanze. Se il rischio dei primi fu quello di dare origine a un eccesso di spontaneismo, quelli del 1991 mi sembra che possano portare a un eccesso di prescrittività.

Per rispondere alla domanda iniziale penso, che al di là della retorica del tempo e di alcune piccole incongruenze, gli orientamenti di Giuseppina Pizzigoni possano dirsi ancora vivi, anzi vivissimi.

Vorrei terminare citando di Rosmini la "benevolenza universale", da lui ritenuta fondamentale (basilare) per la formazione dell'educatore e in risposta alla rigidezza di una frase di Rousseau "il vostro non sia come un muro" , questa l'esortazione: "Concedete più che potete, ma il bambino sappia che lo fate per amore non per debolezza."

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